Psicologa Psicoterapeuta, Civitanova Marche, Macerata

RITROVARSI A CENTRAL PARK

Ritrovarsi a Central Park

 

Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Central Park!

Central Park è un parco enorme che fu costruito nella seconda metà dell'800 nel cuore di New York. Una grande macchia verde nel centro di quella che molto probabilmente è, nell'immaginario di tutti, la città per eccellenza. La grande mela, lo skyline più famoso del pianeta, la città simbolo di tutti gli USA; il grande sogno, un luogo dove o si vince alla grande o si perde - e ci si perde – definitivamente. Icona glamour in Sex & the City, metafora assoluta del successo e del riconoscimento, per conquistarla si fa di tutto: si lavora in tre posti contemporanemente, si prendono appuntamenti in taxi, si trangugiano panini e caffè di corsa, si studia in metro, ci si fa di coca, si prendono antidepressivi, ansiolitici e gocce per dormire. Poco conta che tu sia ricco o povero, che tu sia leone o gazzella: New York non dorme mai e per viverci devi correre, correre, correre. “Se ce la fai là, puoi farcela ovunque” cantavano Liza Minnelli e Frank Sinatra, due mezzi italiani che sulle note di questa famosissima canzone conquistarono il mondo.

Quando Frederick Law Olmsted, uno dei primi e più famosi architetti paesaggisti della storia, progettò Central Park, aveva in mente una cosa ben precisa: un posto dove ritrovare sé stessi. Olmsted era convinto che ogni persona avesse il bisogno di entrare tutti i giorni in contatto con uno “spazio verde” in cui disconnettersi dalla vita civilizzata e godere di qualche istante di pace per ritrovare sé stessa e la propria essenza. La città non era ancora la metropoli che è oggi, eppure si sentiva già il bisogno di un luogo che potesse lenire lo stress e mitigare il senso di alienazione causati dai suoi ritmi frenetici. Ed effettivamente Central Park è così. Non sembra nemmeno di stare a New York: lunghi viali alberati, laghi, gente che passeggia, dipinge, fa yoga e cani che scorazzano; qualcuno prende il sole su una panchina, qualcun'altro cammina a piedi scalzo sull'erba, e forse in qualche angolo c'è pure chi sonnecchia.

New York rappresenta a pieno la conquista dello spazio pubblico; è l'equivalente del nostro ruolo, della nostra immagine nel mondo, di ciò che ci rende riconoscibili agli altri.

Le giornate sono un susseguirsi di impegni, orari, regole e responsabilità. Il tempo non basta mai e ci si destreggia tra una mansione e l'altra, tra un modo di essere e l'altro. Poi arriva la sera, ogni sera la stessa sera, in cui si mette la testa sul cuscino e, mentre si cerca di spegnere il cervello, ci si rende conto che - parafrasando Jung – non si sa più chi fa cosa. E' il lato oscuro di vivere in funzione dell'altro che ci guarda, di vivere nel sistema: preoccupati dal fatto di dover garantire la propria presenza nel mondo, si perde il contatto col proprio, coi propri luoghi di appartenenza interiori. Lentamente, senza rendersene conto, a forza di essere illuminati dalle mille luci della città, ci si dimentica di ricaricare le proprie batterie mentali, emotive e spirituali. Si entra in uno stato di alienazione, di ansia costante e si perdono il piacere di agire e la creatività. L'esistenza viene soffocata dalla sopravvivenza. Non solo: la quantità di cortisolo, noradrenalina e norepinefrina rilasciati dal cervello per far fronte allo stress raggiunge livelli elevatissimi e questo comporta uno squilibrio globale di tutte le funzioni mentali e ormonali. Si dorme male, si hanno disordini dell'alimentazione, si è soggetti a bruschi cambi di umore, causati anche dal fatto che si vive in uno stato di allerta costante.

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Frederick Law Olmsted lo sapeva. E' stato un architetto illuminato che ha compreso quanto fosse fondamentale dare a una città così accelerata un polmone di riserva: un grosso polmone che fornisse ossigeno al corpo e all'anima.

Fate come Olmsted.

Createvi un personalissimo Central Park: aprite una finestra, perdetevi in un tramonto, fate una passeggiata, stendetevi sul divano a non fare niente. Dedicatevi tempo per fare quello che vi piace, per stare nel presente che è l'unica delle dimensioni possibili quando si vive.

E se proprio pensate di non riuscirci allora – solo allora – rivolgetevi a uno psicologo e insieme scopriremo perché!

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